Martial Raysse, Monica Vitti, 1963

24 - 30 June 2022
  • Martial Raysse
    Monica Vitti, 1963
    (i) Signed on the reverse; Signed twice, titled, dated and inscribed on the stretcher
    (ii) Signed, titled, dated and inscribed on the stretcher
    (i) Xerographic painting on canvas
    (ii) Xerographic painting, laminated on canvas, gilded metal brooch with eight green plastic beads directly pinned
    on canvas
    (i) 27.5 x 22.2 x 3 cm
    (ii) 24.5 x 16 x 3 cm

  • Martial Raysse's gallery of female portraits has become iconic: Brigitte Bardot silkscreened in contrasting colours, Anne Wazamesky looking like the...

    Martial Raysse, Portrait of an Ancient Friend, 1963,  Pinault Collection 

     

     
    Martial Raysse's gallery of female portraits has become iconic: Brigitte Bardot silkscreened in contrasting colours, Anne Wazamesky looking like the Mona Lisa and models from the artist's circle with the features of Ingres' Odalisque or Ghirlandaio's Giovanna Tornabuoni. From the Made in Japan series (1964) to large pictorial compositions such as Dieu Merci (2004), Raysse subjects the traditional portrait genre to a kitsch filter, giving faces borrowed from the world of cinema and art history an artificial character. Pin-ups and theatrical heroines dressed in costume, disguised with thick make-up or behind a mask, and wearing beauty accessories are like provocative and enigmatic sphinxes.
     
    Raysse focused on the stereotype of female beauty as presented in the fashion magazines of the time. He often used the portrait of his wife France and pictures of women he found in advertisements; on the cover of magazines and the giant billboards. Images that were copied by hundreds of young women who wanted to conform to this ideal. Raysse modified these images by emphasising make-up and beauty objects. heavily made up with lipstick, glitter and powder, the identity of the woman behind the advertisement is obscured and transformed into a standardised character. This approach to Pop Art differs from the work of his contemporaries, such as Andy Warhol, who focused on well-known individuals and icons of his time.


    The women faces Martial Raysse most often chose to depict in his works of the early 1960s are almost anonymous, like the images displayed in the posters, shop windows and magazines of the time. We recognise the faces of actresses nearly occasionally: Sophia Lauren, Marilyn Monroe, Brigitte Bardot and, here, Monica Vitti (whose portrait British artist Pauline Boty also painted in the same year, 1963).

     

     


     

  • An icon of the 1960s Italian cinema, Monica Vitti became known for her roles in the flms of Michelangelo Antonioni...

    Monica Vitti by Peter Basch, Rome, 1960

     


      
    An icon of the 1960s Italian cinema, Monica Vitti became known for her roles in the flms of Michelangelo Antonioni (with whom she lived for ten years), and particularly for L’Avventura, La Notte and L’Eclisse. The actress’s face is presented as a diptych, split into two parts. On the left, the star can be identified at once by her gaze and her slight smile. On the right, all we can see is the back of her hair and one ear, adorned with a curl of small green plastic beads representing a bunch of grapes. The artist based his work on a printed image from a magazine of the time, deploying three vivid colours like makeup to emphasise the singular grace of Monica Vitti’s features: green for the iris of the eyes (the same shade of green which Antonioni chose a year later for the large overcoat the actress wore in Le Désert Rouge), a strip of fluorescent orange and a deep and luminous blue for the eyelids and the background (reminiscent of the blue so beloved of Yves Klein, a member of the New Realists group, as was Raysse). The contours of the eyes are emphasised with a black line, adding intensity and mystery to the subject’s gaze. Like an ode to her beauty, sparkle and skill, Monica Vitti dazzlingly testifies to the principles at the heart of Martial Raysse’s work: “My pictures are a bit like an exorcism. The notion of death must be banished; our confidence must be regained. Through work, through beauty” (Martial Raysse quoted in “Martial Raysse, Première Partie: l’esthétique” by L. Brown, published by Zoom, Paris, 1971).

     


     

  • Martial Raysse (1961) photo by Harry Shunk
    Martial Raysse (1961) photo by Harry Shunk
    Martial Raysse (1961) photo by Harry Shunk

  •  

    La galleria di ritratti femminili di Martial Raysse è diventata iconica: Brigitte Bardot serigrafata in colori contrastanti, Anne Wazamesky che sembra la Gioconda e modelle della cerchia dell'artista con le fattezze dell'Odalisca di Ingres o della Giovanna Tornabuoni del Ghirlandaio. Dalla serie Made in Japan (1964) alle grandi composizioni pittoriche come Dieu Merci (2004), Raysse sottopone il genere tradizionale del ritratto a un filtro kitsch, conferendo ai volti presi in prestito dal mondo del cinema e della storia dell'arte un carattere artificiale. Le pin-up e le eroine teatrali vestite in costume, mascherate con un trucco spesso o dietro una maschera, e che indossano accessori di bellezza sono come sfingi provocanti ed enigmatiche.
    Raysse si concentra sullo stereotipo della bellezza femminile presentato nelle riviste di moda dell'epoca. Utilizza spesso il ritratto di sua moglie France e le immagini di donne che trovava nelle pubblicità, sulle copertine delle riviste e sui cartelloni pubblicitari giganti. Immagini che venivano copiate da centinaia di giovani donne che volevano conformarsi a questo ideale. Raysse modifica queste immagini enfatizzando il trucco e gli oggetti di bellezza. Truccata pesantemente con rossetto, glitter e cipria, l'identità della donna dietro la pubblicità viene oscurata e trasformata in un personaggio standardizzato. Questo approccio alla Pop Art si differenzia dal lavoro dei suoi contemporanei, come Andy Warhol, che si concentrava su individui noti e icone del suo tempo.

    I volti femminili che Martial Raysse sceglie più spesso di raffigurare nelle sue opere dei primi anni Sessanta sono quasi anonimi, come le immagini che compaiono nei manifesti, nelle vetrine e nelle riviste dell'epoca. Riconosciamo quasi occasionalmente i volti delle attrici: Sophia Lauren, Marilyn Monroe, Brigitte Bardot e, in questo caso, Monica Vitti (il cui ritratto è stato dipinto anche dall'artista britannica Pauline Boty nello stesso anno, il 1963).

    Icona del cinema italiano degli anni Sessanta, Monica Vitti divenne nota per i suoi ruoli nei film di Michelangelo Antonioni (con cui visse per dieci anni), e in particolare per L'Avventura, La Notte e L'Eclisse. Il volto dell'attrice è presentato come un dittico, diviso in due parti. A sinistra, la star si riconosce subito per il suo sguardo e il suo lieve sorriso. A destra, si vede solo la nuca e un orecchio, ornato da un ricciolo di piccole perle di plastica verde che rappresentano un grappolo d'uva. L'artista si è basato su un'immagine stampata da una rivista dell'epoca, utilizzando tre colori vivaci come un trucco per enfatizzare la grazia singolare dei lineamenti di Monica Vitti: il verde per l'iride degli occhi (la stessa tonalità di verde che Antonioni sceglierà un anno dopo per il grande cappotto che l'attrice indossa in Le Désert Rouge), una striscia di arancione fluorescente e un blu profondo e luminoso per le palpebre e lo sfondo (che ricorda il blu tanto amato da Yves Klein, membro del gruppo dei Nuovi Realisti, come Raysse). I contorni degli occhi sono sottolineati da una linea nera, che aggiunge intensità e mistero allo sguardo del soggetto. Come un'ode alla sua bellezza, allo scintillio e all'abilità, Monica Vitti testimonia in modo abbagliante i principi alla base del lavoro di Martial Raysse: "I miei quadri sono un po' come un esorcismo. La nozione di morte deve essere bandita, la nostra fiducia deve essere riconquistata. Attraverso il lavoro, attraverso la bellezza" (Martial Raysse citato in "Martial Raysse, Première Partie: l'esthétique" di L. Brown, pubblicato da Zoom, Parigi, 1971).